“Abitare il mondo con il pensiero di Cristo” vuole essere un percorso e un ciclo di incontri collocati nell’orizzonte del dialogo tra Vangelo e cultura, tra comunità cristiana e vita sociale.
Il Vangelo è evento di relazione e di dialogo. Esso infatti ha nel suo DNA l’evento dell’Incarnazione,- Dio che nel suo Figlio Unigenito di fa carne e dimora in mezzo agli uomini -, e l’evento della Pasqua, racchiuso nel segno dell’innalzamento di Cristo, con le braccia del suo amore ricco di misericordia aperte per tutti gli uomini, attirati a sé.
In tal senso il pensiero di Cristo non è mai con il dito puntato contro qualcuno, ma mentre è rispettoso dell’opinione di ciascuno uomo, smaschera e denuncia il pensiero menzognero che toglie la dignità e uccide la vita.
Secondo questo spirito e atteggiamento gli incontri, che saranno proposti a cadenza bimensile, affronteranno temi di attualità, dando voce alle opinioni diverse sull’argomento per poter offrire dei sentieri di senso, al fine di dare, come discepoli del Signore, nell’oggi della nostra storia un apporto di luce e di speranza.
Questo percorso vuole essere un servizio al “cuore dell’uomo”, da Gesù inteso come luogo dal quale scaturiscono le azioni costruttive o distruttive della vita. Luogo al quale, per questo motivo, Gesù da molta più importanza rispetto ai comportamenti, che rappresentano solo la conseguenza del suo stato: “la bocca parla dalla pienezza del cuore”.
Questi incontri si propongono di essere uno spazio di dialogo sereno e costruttivo, nel rispetto delle identità diverse che possono prendere la parola, e di conseguenza una occasione buona per superare “il complesso di inferiorità” dei cristiani rispetto alla loro cultura, che più volte Papa Francesco ha evidenziato come inopportuno e dannoso.
Don Concetto
“Testi luce”
Beato Paolo VI, ECCLESIAM SUAM, Lettera enciclica, 6 agosto 1964,
- La distinzione (della Chiesa rispetto al mondo) non è separazione. Anzi non è indifferenza, non è timore, non è disprezzo. Quando la Chiesa si distingue dall’umanità non si oppone ad essa, anzi si congiunge. Come il medico, che, conoscendo le insidie d’una pestilenza, cerca di guardare sé e gli altri da tale infezione, ma nello stesso tempo si consacra alla guarigione di coloro che ne sono colpiti, così la Chiesa non fa della misericordia a lei concessa dalla bontà divina un esclusivo privilegio, non fa della propria fortuna una ragione per disinteressarsi di chi non l’ha conseguita; sì bene della sua salvezza fa argomento d’interesse e di amore per chiunque le sia vicino e per chiunque, nel suo sforzo comunicativo universale, le sia possibile avvicinare.
- La Chiesa deve venire a dialogo col mondo in cui si trova a vivere. La Chiesa si fa parola; la Chiesa si fa messaggio; la Chiesa si fa colloquio.
- Per quanto riguarda l’umile Nostra persona, …non possiamo tacere il Nostro proposito di perseverare, per quanto le nostre deboli forze ce lo concederanno e, soprattutto, la divina grazia Ci darà modo di farlo, nel medesimo sforzo di avvicinare il mondo, nel quale la Provvidenza Ci ha destinati a vivere, con ogni riverenza, con ogni premura, con ogni amore, per comprenderlo, per offrirgli i doni di verità e di grazia di cui Cristo Ci ha resi depositari, per comunicargli la nostra meravigliosa sorte di Redenzione e di speranza. Sono profondamente scolpite nel Nostro spirito le parole di Cristo, di cui umilmente, ma tenacemente, ci vorremmo appropriare: Dio non mandò il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma affinché siasalvato per mezzo di lui.
Carlo Maria Martini: La cattedra dei non credenti
“Io ritengo che ciascuno di noi abbia in sé un non credente e un credente, che si parlano dentro, si interrogano a vicenda, si rimandano continuamente interrogazioni pungenti e inquietanti l’uno all’altro. Il non credente che è in me inquieta il credente che è in me e viceversa”.
Con queste parole Carlo Maria Martini apriva la Prima Cattedra dei non credenti nel 1987. Iniziava così un lungo cammino di dialogo che Martini volle espressamente per dare la parola a non credenti, offrendo loro la possibilità di rendere ragione delle proprie convinzioni, e favorendo nei credenti un atteggiamento di ascolto disponibile e pensoso. Fu così possibile esplorare che cosa significa credere e non credere in rapporto alla città, ai sentimenti, all’arte e alla letteratura, al dolore, al cosmo e alla storia. “L’importante – commenta Martini – è che impariate a inquietarvi. Se credenti, a inquietarvi della vostra fede. Se non credenti, a inquietarvi della vostra non credenza. Solo allora le vostre posizioni saranno veramente fondate”.